SIGNORAGGIO BANCARIO

SIGNORAGGIO BANCARIO

mercoledì 28 luglio 2010

SINDACO NOCERA SE QUESTO E' IL RISANAMENTO NE POTEVI ANCHE FARE A MENO!!!



Il giorno 27 luglio si è perpetrato ai danni della Fontana Monumentale ( che si trova vicino ad un vertice di Piazza della Repubblica, donata nel 1938 dall'Acquedotto Pugliese al paese di Achille Starace e che rappresenta simbolicamente i quattro elementi naturali: la terra, una vanga, il fuoco, una saetta, l'aria, un'ala d'aereo, l'acqua, un timone) un danno immane.
Due dipendenti comunali mandati dall'amministrazione per pulire la fontana l'hanno letteralmente sfregiata a colpi di mannaia.
Non solo, constatato il danno , sempre i nostri amministratori, hanno fatto giungere in fretta e furia un terzo individuo che con un flessibile ha cercato di spianare il danno già fatto con risultati pessimi, come si può vedere dalle immagini.
Con ciò chiediamo al sindaco nonchè all'amministrazione tutta di ammettere lo scempio cagionato e di provvedere con urgenza ad un restauro accurato, da affidare questa volta a chi di COMPETENZA.
In caso contrario annunciamo già da ora che agiremo per vie legali, denunciando alle autorità la vicenda in modo che i mandantidi questa iniziativa sconsiderata si possano prendere le proprie responsabilità.

sabato 17 luglio 2010

Nicola Cosentino (PDL) si dimette da sottosegretario all'Economia



Il sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino ha rassegnato le sue dimissioni. Cosentino manterrà l'incarico di coordinatore campano del Pdl. «Ho condiviso la decisione di Nicola Cosentino di dimettersi da sottosegretario», ha affermato, in una nota, il presidente del Consiglio e del Pdl. Cosentino è indagato con il senatore Dell'Utri nell'inchiesta sull'eolico in Sardegna e sulla cosidetta P3.

sabato 10 luglio 2010

IL MINISTRO PIU' VELOCE DEL WEST


MILANO - Il neoministro per la Sussidiarietà e il Decentramento Aldo Brancher ha annunciato, nell'aula del Tribunale di Milano dove si celebrava il processo in cui è imputato di appropriazione indebita per la vicenda Antonveneta, che si dimette dalla sua carica e che conseguentemente rinuncia al legittimo impedimento.
La carriera di ministro più veloce della storia si è conclusa il 5 luglio, come nella migliore tradizione dei governi balneari di democristiana memoria. Aldo Brancher è durato 17 giorni sulla poltrona del dicastero della Sussidarietà e del Decentramento. Che poi a ben vedere non è un vero e proprio dicastero, come fece notare la grave nota del Presidente della Repubblica che intimava a Brancher di non pensarci proprio al legittimo impedimento, non almeno con la scusa di organizzare gli uffici di un ministero senza portafoglio. Senza contare che cè ancora chi non ha capito in cosa consista esattamente la doppia attribuzione. In fretta e furia le due paroline erano state inventate per non far arrabbiare Bossi: all’inizio Brancher era stato assegnato al ministero per l’Attuazione del Federalismo, che come noto, è un marchio di rigorosa pertinenza leghista.
Tra nomina e giubilazione volontaria dunque son passati solo 17 intense giornate che hanno avuto il merito di far assurgere a protagonista un personaggio importante ma defilato della corte Berlusconiana. Il 18 giugno Brancher è nominato ministro nel mini-rimpasto che sarebbe dovuto servire a ricomporre non meglio precisati equilibri di maggioranza. Ricomposti a tal punto che Bossi mugugna mentre infuria la polemica sulle deleghe.
Il 24 giugno Brancher, imputato in un filone dell’inchiesta Antonveneta, non ha la minima esitazione nell’avvalersi dello scudo del legittimo impedimento. La richiesta inoltrata al tribunale di Milano induce al sospetto generale che sia diventato ministro proprio per evitare il processo.
Dopo una giornata di silenzio Napolitano, il 25 giugno, smonta attraverso una dura nota dal Quirinale, le giustificazioni, peraltro traballanti, addotte da Brancher per sfuggire il processo.
Il 26 giugno, travolto dalle polemiche, Brancher rinuncia al legittimo impedimento. D’ora in poi la carriera di Brancher sembra segnata, anche se il neoministro non ha nessuna voglia di recedere. Il 29 giugno l’opposizione unita presenta una mozione di sfiducia. Il 1 luglio l’ex nazionalalleato Fini, nelle vesti di presidente della Camera e cofondatore del Pdl, spara un siluro contro la non opportunità manifesta della nomina di Brancher.
Un conflitto istituzionale in corso, una poco edificante ribalta mediatica, la fortezza eretta intorno al ministro inizia a cedere, che perde via via ogni appoggio. Il 4 luglio Brancher è convocato da Berlusconi, che non potendolo più difendere oltre, gli consiglia un passo indietro. Brancher, soldato ubbidiente, rimette il mandato di fronte ai giudici di Milano
"Confermo... la rinuncia al legittimo impedimento, e in ogni caso anticipo le mie dimissioni irrevocabili da ministro al fine di consentire un rapido esito del processo", ha detto Brancher al giudice monocratico Annamaria Gatto, al quale ha chiesto poi l'applicazione del rito processuale abbreviato incondizionato.

domenica 4 luglio 2010

Decima edizione "colonie estive Evita Peron" organizzate da Forza Nuova

Anche quest'anno decine di bambini in vacanza gratis nei pressi di Lecce (Porto Cesareo) o di Roma, grazie al volontariato di giovani donne e uomini forzanovisti. Il progetto è rivolto a quelle famiglie italiane che vivono il dramma di una crisi creata dalla finanza e pagata dal popolo e che pertanto non hanno le risorse per portare in vacanza i propri figli. Chiunque fosse interessato a collaborare, a sponsorizzare,a partecipare come volontario al progetto, o ad inviare i propri figli puo' contattare Vittoria al 328 1719784 o scrivere una mail a: coloniaevitaperon@hotmail.it
La Segreteria Nazionale.

LA FECCIA CHE CI GOVERNA


Il senatore Marcello Dell’Utri (PDL) è stato condannato a sette anni di reclusione dai giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo, per concorso esterno in associazione mafiosa. In primo grado al parlamentare del Pdl erano stati inflitti nove anni di reclusione.

I giudici sono rimasti in camera di coniglio per sei giorni. Il procuratore generale Nino Gatto aveva chiesto la condanna a 11 anni, con un aumento di pena di due anni. La Corte ha invece ridotto la pena di due anni, determiando in 7 anni la condanna del senatore, assolto per i reati successivi al 1992.

I rapporti con la mafia, quindi, ci sono stati, ma il «patto» basato sullo scambio politico no. I giudici della corte d’appello hanno tracciato una linea di confine molto netta tra il «prima» e il «dopo». Il «prima» abbraccia tutto il periodo che va dagli anni ’70 al 1992 quando Dell’Utri, con la mediazione di Gaetano Cinà, morto tra il processo di primo grado e l’appello, avrebbe avuto rapporti con personaggi di spicco di Cosa nostra come Stefano Bontate, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano poi finito come «stalliere» nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi. Questi rapporti, secondo il teorema dell’accusa condiviso ora dai giudici, sono serviti a Dell’Utri per assicurarsi la «protezione» mafiosa alle operazioni finanziarie e imprenditoriali da lui gestite per sè e nell’interesse delle società di Berlusconi. E in cambio i boss hanno trovato la strada aperta verso i salotti buoni della finanza milanese e nazionale.

Trovano dunque riscontro le ricostruzioni basate sull’apporto dei primi pentiti, da Francesco Di Carlo a Francesco Marino Mannoia, che hanno delineato un quadro «datato» dei rapporti tra il senatore del Pdl e Cosa nostra che si ferma appunto al 1992. Sul «dopo» la corte si è nettamente distaccata dalla linea dell’accusa sostenuta dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Proprio questo tema era il capitolo più significativo e più attuale del processo perchè prendeva in considerazione l’ipotesi di un «patto» scellerato tra mafia e politica. Ed è anche la parte della vicenda giudiziaria che prendeva in esame, in una prospettiva molto opaca, il ruolo svolto da Berlusconi dopo la sua «discesa in campo». Oggetto del «patto» sarebbe stato uno scambio: sostegno elettorale agli uomini di Forza Italia - Dell’Utri compreso - come corrispettivo di una linea di governo e di scelte legislative «benevole» nei confronti della mafia.

Nella rappresentazione che ne ha fatto Spatuzza, il «patto» sarebbe nato nel 1994 quando Cosa nostra rinunciò a inseguire il progetto di un impegno politico diretto attraverso le bandiere di «Sicilia libera» e decise di appoggiare il movimento di Berlusconi. La vittoria elettorale del 1994 avrebbe sancito l’accordo con piena soddisfazione della mafia. Nell’interrogatorio in aula a Torino del 4 dicembre 2009 Spatuzza ha citato in proposito un colloquio con il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano. Nel gennaio del 1994, qualche mese prima delle elezioni politiche, in un bar di Roma Graviano gli avrebbe detto: «Abbiamo ottenuto quello che volevamo: abbiamo il Paese in mano. Stavolta non sono quei socialisti, ma quello di Canale 5 (Silvio Berlusconi, ndr) e il nostro compaesano Dell’Utri».

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201006articoli/56285girata.asp