SIGNORAGGIO BANCARIO

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venerdì 20 marzo 2009

INDESIT: QUANDO I POLITICI PARLANO BENE MA RAZZOLANO MALE !!!


La Indesit vuole chiudere la fabbrica piemontese di None e trasferire la produzione di lavastoviglie in Polonia dove manodopera e energia costano un terzo che in Italia. E così possono finire sul lastrico oltre 600 lavoratori italiani. Quelli che oggi scioperano e che stamane - assieme ai 2000 colleghi provenienti dagli altri stabilimenti italiani della Indesit - sfilano in corteo a Torino per dire no alla chiusura della fabbrica di None. Ad aprire il corteo una bara di cartone con la scritta "Indesit. Non è il futuro di 650 lavoratori". E striscioni contro la proprietà, i Merloni. Immagini che contrastano con quelle in arrivo dalla Polonia e che mostrano invece la soddisfazione dei lavoratori polacchi. Qui sarà triplicata la produzione e si attendono nuove assunzioni. Ma questa vicenda mette in luce almeno due paradossi. Il primo: Indesit chiude in Italia e va all'estero mentre altre grandi industrie europee, Renault per citare un caso di oggi, chiudono all'estero per riportare la produzione in Francia, questo frutto di una politica nazionalista volta ad incrementare lo sviluppo nazionale!

Il secondo paradosso è tutto politico e interno al Pd. Nel consiglio di amministrazione della Indesit siede infatti Maria Paola Merloni che è un deputato del Partito Democratico, partito che entra a gamba tesa contro l'ipotesi di chiusura. Tanto che la manifestazione di oggi è appoggiata dai vertici del PD e che in prima fila nel corteo manifesta un importante esponente del Partito Democratico come l'ex ministro del Lavoro Damiano.

martedì 17 marzo 2009

"Il papa non è benvenuto a Gerusalemme"

“Il Papa non è il benvenuto in Terra Santa, nelle attuali circostanze”, ha detto l’Arcivescovo Teodosio di Sebaste, il prelato cristiano di etnia palestinese di più alto rango a Gerusalemme, dopo che in Israele è stato annunciato che il capo della Chiesa di Roma inizierà in Maggio il suo pellegrinaggio alla Città Santa con un atto di omaggio al Monumento Ebraico dell’Olocausto “Yad Vashem”.
“Non siamo contro la visita del Papa allo Yad Vashem, ma prima di esprimere solidarietà agli ebrei, dovrebbe esprimere solidarietà ai cristiani della Palestina. Abbiamo anche noi le nostre tragiche memorie; il nostro Yad Vashem sta a Gaza”, ha detto l’Arcivescovo, e ha quindi aggiunto: “Che il Papa inizi la sua visita a Gaza, prima di ogni altro luogo”.
L’Arcivescovo, nato in Galilea, è un cittadino di Israele, un critico dichiarato degli eccessi ebraici e un sostenitore manifesto dell’idea di un Unico Stato per una piena uguaglianza di ebrei, cristiani, musulmani e minoranze varie in una Terra Santa integra e indivisa. L’Arcivescovo Teodosio Atallah Hanna è un uomo che sa quello che vuole: ha rifiutato di incontrare il Presidente Bush e ha difeso Papa Benedetto quando venne attaccato per quello che venne considerato un discorso anti-musulmano. Adesso esprime i sentimenti di molti cristiani palestinesi, di questa che è la più vecchia comunità cristiana del mondo. Mentre la Chiesa di Roma venne costituita da San Pietro, apostolo di Cristo, la Chiesa di Gerusalemme venne costituita da Cristo stesso. In molti villaggi e città della Terra Santa le memorie della presenza del Salvatore ancora perdurano. La maggioranza dei cristiani di Gerusalemme appartiene alla confessione ortodossa dell’Arcivescovo, mentre la cattolica è una minoranza.
Riguardo la visita papale, i cattolici e gli ortodossi la pensano allo stesso modo. Prima della guerra di Gaza, padre Manuel Musallam, capo della Chiesa Cattolica Romana di Gaza, aveva detto che Gaza ha il diritto di non morire, e che se muore morirà sul campo di battaglia. I credenti cattolici, preti e monaci della Terra Santa, hanno inviato al Papa una lettera segreta chiedendogli di rimandare la visita a tempi futuri. Il Vaticano ha letto la lettera ma ha deciso di non curarsene. Ora Israele dipingerà certamente questa visita come una sua vittoria.
“Se il Papa vuole venire in Terra Santa, dovrebbe iniziare la visita dalla locale chiesa cattolica di Gaza”, ha detto l’Arcivescovo Teodosio Atallah Hanna. “A questa chiesa sono state negate le visite di preti e vescovi, e i cristiani di Gaza non possono recarsi nelle chiese di Gerusalemme e di Betlemme. Innanzitutto, il Papa dovrebbe incontrare i cristiani palestinesi, che portano la luce di Cristo nelle tenebre dell’occupazione israeliana. Altrimenti, non è una visita per noi, ma una visita per Israele, una tappa nell’agenda del Papa concordata con le organizzazioni ebraiche. Chiediamo al Papa di parlare a nome del popolo della Palestina, perché i cristiani palestinesi sono parte integrante della Palestina. I cristiani palestinesi soffrono insieme ai loro fratelli musulmani. Che il Papa sostenga la nostra causa”, ha detto.
Molti cristiani palestinesi pensano che il Vaticano sia diventato un giocattolo a disposizione degli intrighi ebraici. Perché il Vaticano si spende così tanto per cercare di blandire e di compiacere gli ebrei? La Chiesa di Roma non è ancora un’entità indipendente? Perché la Sede di S. Pietro dà retta ai veti ebraici anche riguardo agli affari ecclesiastici?
La visita del Papa al Monumento dell’Olocausto è preoccupante.
Il Museo adiacente al Monumento contiene certe grossolane calunnie sul defunto Papa Pio XII; e gli ebrei hanno rifiutato di rimuoverle.
Ancora peggio, l’Olocausto viene utilizzato per giustificare lo sterminio di Gaza; visitare per prima cosa lo Yad Vashem manda un messaggio sbagliato, di accettazione della superiorità ebraica sulla Cristianità.
Inoltre, il Monumento dell’Olocausto è un simbolo religioso, l’idolo di un nuovo culto, pagano e ateo. Il suo direttore, Judah Bauer, ha negato apertamente Dio e la Creazione, mentre il precedente direttore [Yitzhak Arad] è considerato un criminale di guerra ed è stata chiesta la sua estradizione [dall’Ucraina].
Tom Segev, un eminente scrittore israeliano, ha detto giustamente che l’Olocausto è diventato “un oggetto di adorazione”. Abraham Foxman, capo dell’Anti-Defamation League, ha dichiarato: “L’Olocausto è un attentato quasi riuscito alla vita del Popolo Eletto di Dio e, quindi, a Dio stesso”.
Noi conosciamo un attentato quasi riuscito alla vita del Figlio di Dio, e perciò a Dio stesso, che ebbe luogo a Gerusalemme, sul Calvario. Lo Yad Vashem è un rivale, un luogo di idolatria. Abramo si rifiutò di rendere omaggio agli idoli – perché il Papa non può seguire il suo esempio?
L’imminente visita del Papa è stata ottenuta con uno stratagemma: il Vescovo tradizionalista Mons. Williamson è stato riammesso alla comunione con la Chiesa nello stesso momento in cui la sua intervista sull’Olocausto ebraico veniva resa nota. Lo scandalo è stato enorme. Se Williamson avesse bestemmiato Cristo e la Chiesa sarebbe stato applaudito per la sua presunta apertura mentale; così come stanno le cose, il Papa è stato costretto a chiedere perdono ai suoi “fratelli maggiori, gli ebrei”, e persino a partire per questo viaggio in stile Canossa, con i suoi appuntamenti prefissati con gli israeliani.
In Palestina, il Papa e i cattolici possono imparare una cosa o due dalla Chiesa di Gerusalemme. Nonostante la sua posizione minoritaria all’interno dello Stato ebraico, la Chiesa Ortodossa è ancora libera e non sovvertita. La sua teologia è luminosamente, implacabilmente trionfalista; noi crediamo in Cristo e nella vittoria dell’Ortodossia come l’abbiamo celebrata Domenica scorsa, la prima Domenica di Quaresima. La nostra chiesa è universale e cattolica, perché noi di Gerusalemme e di Mosca, di Antiochia e di Costantinopoli siamo uniti da un’unica comunione, sebbene non abbiamo un unico pastore. Non abbiamo fratelli maggiori. Non abbiamo relazioni speciali con gli ebrei – a meno che essi non vogliano unirsi a noi. Rigettiamo le eresie, e non esitiamo ad anatemizzare gli eretici, inclusi i papi di Roma quando sono andati troppo oltre nel sottomettersi alle potenze mondane. La nostra Chiesa non cerca pubbliche relazioni migliori, non cambia le sue regole in un vano tentativo di attrarre più fedeli. Ella venera le icone, ma non si piega agli idoli.

venerdì 6 marzo 2009

FIORE RILANCIA L' IDEA DI UNA ASSE RADICALE E NAZIONALE PER LE ELEZIONI EUROPEE

Piuttosto che inseguire l' idea di un assembramento che coinvolga forze postdemocristiane e regionaliste, le forze nazionali anticomuniste e anticapitaliste devono aggregarsi per questa occasione storica che coincide con le elezioni europee e amministrative, ma è rappresentata in realtà dal crollo del capitalismo finanziario e dalla nascita di una protesta popolare sui temi della crisi economica e del fallimento del Governo sull' immigrazione.
Siamo pronti a presentare il nostro simbolo assieme a quello del Movimento Sociale Fiamma Tricolore ed aprire le nostre liste a tutte le forze politiche , sociali e culturali dell' area nazional popolare.

Roberto Fiore