SIGNORAGGIO BANCARIO

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mercoledì 3 febbraio 2010

BERLUSCONI L'UOMO CHE NON METTEVA LE MANI NELLE TASCHE DEI CITTADINI!

DL 194/08, ENNESIMO SALASSO PER LE IMPRESE: LA TASSA SUGLI ALIMENTI.
È la nuova tassa per le imprese alimentari, presentata come onere per servizi sanitari.
Pubblicato in GU 11 dicembre 2008 n. 289 ed entrato in vigore immediatamente, il Decreto Legislativo 194/2008 disciplina le modalità per il rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali eseguiti negli stabilimenti di produzione dalle autorità competenti, per verificare la conformità alla normativa riguardante mangimi e alimenti, nonché salute e benessere degli animali. Il provvedimento la cui applicazione all’interno delle imprese è anche oggetto delle verifiche ispettive di cui discutiamo. Tuttavia, non tutti gli addetti ai lavori sembrano essere di questo parere. L’unica cosa certa, nella confusione totale data dall’imposizione di questa norma, è la decisa contrarietà della categoria imprenditoriale, che ritiene di essere ancora una volta l’unica a pagare pegno in tempi di crisi. Le argomentazioni a favore di questa tesi non sembrano in effetti prive di fondamento. Sono tante e le più svariate, vengono sia dal mondo della trasformazione industriale e artigianale, che da quello del primario. Tutti lamentano il fatto che, dietro la richiesta del pagamento di diritti si celi l’ennesima tassa — sotto molti aspetti iniqua — che viene applicata indiscriminatamente a tutto un comparto e che potrebbe generare problemi e conseguenze molto peggiori di quelle inizialmente stimate.
Il provvedimento prevede l’obbligo, da parte degli operatori, del pagamento di una tariffa differenziata a seconda del settore interessato e delle quantità esaminate. Gli impianti di macellazione, quelli di sezionamento, i centri di lavorazione della selvaggina, gli stabilimenti di produzione del latte e quelli di produzione ed immissione in commercio dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, sottostanno a tariffe che corrispondono a quelle minime previste all’allegato IV del Reg. CE 882/2004, maggiorate, per il primo anno, del 20%, così come indicato nelle sezioni da 1 a 5 dell’allegato A del decreto. Per tutte le altre attività produttive diverse da quelle indicate sopra, è stabilita una tariffa forfettaria annua, diversificata a seconda della tipologia di attività e per fasce quantitative, anche questa maggiorata del 20 %, come da tabella alla sezione 6 dell’allegato A del Decreto. Queste ultime tariffe variano da un minimo per fascia A da 400 e a 800 e per fascia B, fino a 1.500 e per la fascia C. In assenza di una circolare esplicativa ci sono numerose lacune normative che determinano incertezza sulla corretta interpretazione. In questo, non aiutano ASL e Regioni che danno dei pareri discordanti e spesso molto diversi tra loro, a seconda del territorio considerato. In sostanza, l’applicazione della norma non è la stessa ovunque in Italia. E questo è già grave di per sé.
Uno dei punti dolenti, infatti, è relativo al fatto che le tariffe si applicano per le imprese di produzione, con esclusione quindi di quelle commerciali, che riforniscono in prevalenza (oltre il 50% della propria produzione) altre attività di intermediazione commerciale o di somministrazione, escludendo di fatto quelle imprese micro, piccole ed artigiane che si rivolgono soprattutto o esclusivamente al consumatore finale. Cosa si intenda, però, per consumatore finale, non è dato sapere con esattezza. I ristoratori e le imprese di catering, per esempio, come si considerano? Sono a loro volta grossisti? E ancora, chi e come verifica che questo ammontare del 50% non venga superato? Le ASL? Ma sulla base di quali elementi di calcolo? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che imprese ed organizzazioni di categoria si pongono.
Alcune ASL hanno anticipato l’utenza inviando lettere dove ammettono che in futuro i diritti riscossi potrebbero rivelarsi non dovuti e quindi potrebbero anche essere riaccreditati all’impresa. Altre aziende, invece, non solo hanno inviato il sollecito di pagamento, ma, poiché la “tassa” andava pagata entro la fine del 2008, hanno imposto anche il versamento di quanto dovuto per il ritardo.
Per quanto attiene alle modalità tecniche di versamento delle tariffe, il Decreto rinvia alle disposizioni di un altro Decreto del Ministero del Welfare e a provvedimenti regionali che si sarebbero dovuti emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del Decreto 194, ovvero entro il 10 febbraio scorso.
Il termine, ritenuto perentorio dal Ministero, del versamento della tariffa annuale entro il 31 gennaio, sarebbe dunque dovuto essere considerato dalle Regioni, per quest’anno, come termine ordinatorio in attesa dell’emanazione del Decreto Ministeriale sopra citato. E alle imprese si sarebbe dovuto concedere — a parere dei più — una maggiore flessibilità, evitando per esempio di imporre il pagamento della mora. Ciò che invece per legge sarebbe potuto accadere — e che forse in certi casi è realmente successo — è che in caso di omesso o incompleto versamento della tariffa, la ASL territorialmente competente avviasse, trascorsi 60 giorni dalla richiesta di pagamento, un’azione di riscossione coattiva applicando una maggiorazione del 30% oltre agli interessi maturati nella misura legale.
Questo è il quadro che si prospetta a danno delle imprese. Ed era prevedibile che una simile norma avrebbe acceso gli animi di chi ne tutela gli interessi. “Una tariffa che ha tutti i tratti di una tassa, importi che lievitano fino a diventare sessanta volte più pesanti e nessuna differenziazione tra micro, piccole e grandi imprese ed i relativi volumi d’affari”
Il decreto sembra basarsi su una serie di valutazioni errate, è incapace di cogliere la realtà del settore ed è stato partorito in totale silenzio, senza la minima consultazione delle organizzazioni imprenditoriali durante la fase preparatoria, come invece accade solitamente. Questa norma, a detta dei più, rischia di fare piazza pulita di tutta la galassia di micro imprese che operano nel comparto, anche perché le aziende concentrate nella prima fascia di tariffazione sono la stragrande maggioranza e il pagamento di 400 e, sommati ad un fardello fiscale già difficile da sopportare, potrebbe davvero determinare la chiusura di molte attività produttive. Se questo non fosse sufficiente, bisogna considerare il fatto che i servizi prestati dalle autorità competenti agli imprenditori del settore, va versato a prescindere dalla effettiva possibilità di procedere al controllo sulla totalità delle imprese, visto anche il considerevole numero delle stesse. Quindi un’azienda potrebbe pagare un servizio, pur non fruendone mai. Per questo questi diritti hanno il forte sapore di una tassa vera e propria.
Tutto ciò provocherà l'aumento indiscriminato di tutti i generi alimentari e quindi colpiranno soprattutto le fasce più deboli della popolazione: QUELLA CHE NON ARRIVA A FINE MESE!
FORZA NUOVA ESORTA TUTTI A NON VOTARE COLORO CHE HANNO EMANATO QUESTA LEGGE: IL PDL.

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